Vaping e industria del tabacco: le tappe di un percorso inevitabile
Sono più di 10 anni che vaping e industria del tabacco si fronteggiano: l’intero business del tabacco è stato profondamente scosso, la trasformazione è inevitabile.
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C’è un’elemento che, spesso, tendiamo a sottovalutare o a tacere.
Il fumo non è un business che vede come unico attore l’industria del tabacco.
Stiamo parlando di miliardi in tutto il mondo, certo, ma la vendita di sigarette rappresenta un fatturato decisamente inferiore rispetto ai trattamenti per malattie croniche e / o mortali causate dal fumo.
È un business d’oro per l’industria farmaceutica, miliardi di ricavi e garantito per diversi decenni.
Dinnanzi a questa gallina dalle uova d’oro, i produttori di tabacco potrebbero quasi passare per mendicanti.
E per di più, non è facile competere.
Perché i big pharma sono i bravi ragazzi, quelli che si prendono cura delle persone.
L’industria del tabacco rappresenta i cattivi, le persone che uccidono i loro simili.
Sono loro il bersaglio nel mirino, costretti a navigare in mezzo a normative sempre più restrittive, si evolvono costantemente in un clima molto ostile e devono arrampicarsi sugli specchi per guadagnare qualche centesimo per ogni sigaretta venduta.
Quindi il vaping che si sta sviluppando a tutta velocità, non è fatto per sistemare il loro business già abbastanza complicato.
Non si torna indietro, il vaping è una realtà
Troppo veloce, troppo forte, troppo dappertutto.
Anche se l’aumento dello svapo è più importante nei “paesi sviluppati”, si è diffuso in tutto il pianeta.
E’ la globalizzazione bellezza!
Il successo è fenomenale, è impossibile tornare indietro. Sono molti i fumatori ad aver capito, si passano la parola.
Prima o poi lo svapo sterminerà il tabacco combusto, la domanda non è più se succederà, ma quando succederà e come.
Se vuole sopravvivere, l’industria del tabacco deve trasformarsi.
Le multinazionali hanno già perso il 50% del loro valore in borsa negli ultimi anni, questo è un affare serio. Non hanno più scelta e lo dicono loro stessi, il futuro non può che essere un mondo senza fumo.
Trasformare l’industria del tabacco
Fare sigarette non è molto complicato, non è alta tecnologia.
Con la tassazione, che continua ad aumentare, è molto complicato fare un profitto su ogni sigaretta, se non produrne e venderne miliardi.
Per essere redditizio richiede grandi quantità; il business delle sigarette può essere fornito solo da industriali, grandi industriali.
Stanno quindi cercando il massimo rendimento possibile concentrandosi su un unico prodotto e molto semplice.
Questo crea un’inerzia fenomenale, su processi, strumenti, logistica.
Se un regolamento imponesse che si producano solo sigarette quadrate invece che rotonde, e che i pacchetti siano rotondi invece che quadrati, l’industria farebbe di tutto per evitare questi obblighi (lobbying), e cercherebbe almeno di negoziare un ritardo molto lungo, il tempo necessario per modificare le loro infrastrutture.
Quindi capiamo che per l’industria del tabacco, passare dalla produzione di sigarette allo svapo non è semplice… non intendo aprire divisioni o comprare aziende per fare crescita esterna, anche se i nuovi profitti potrebbero compensare le perdite sul core business (che rimane la sigaretta).
No, sto parlando di una trasformazione totale.
Per non vendere più sigarette, per fare solo vaping.
Sarà un processo lungo. Molto molto lungo.
Sarà anche molto costoso.
Ma l’industria del tabacco oggi è redditizia solo perché è un monopolio, controlla i suoi mercati, la distribuzione, i prezzi in accordo con i poteri pubblici.
Questo significa che riuscirà nella sua trasformazione solo se assumerà anche il monopolio del vaping, per mantenere il controllo e preservare i suoi interessi, cioè un mercato organizzato esattamente per soddisfare i suoi vincoli di grande industria.
Industrializzare il vaping
Nel vaping, il cuore del business è il liquido, in quanto è il prodotto di consumo. Non è costoso da produrre e non è molto complicato, come le sigarette.
Ci sono regolamenti sempre più restrittivi, ma finché i vapers avranno accesso a materiali e sistemi aperti quasi chiunque potrà entrare nel mercato degli e-liquid.
Anche i piccoli produttori possono fare la loro fortuna.
In Italia, il mercato degli e-liquid è dominato da PMI indipendenti dall’industria del tabacco e di dimensioni molto diverse.
Per il consumatore, questo è un vantaggio, rimane libero di passare da un e-liquid all’altro, da una marca all’altra.
Tutto questo richiede anche molta più trasparenza.
Se l’industria del tabacco vuole conquistare il mercato dello svapo, deve necessariamente industrializzarlo.
Che i prodotti siano standardizzati, che diventino sempre più complicati da produrre, con più vincoli, che le economie di scala diventino essenziali e vitali, e che i profitti si possano trasformare solo a volumi di produzione molto alti.
Questo è il motivo per cui, con il pretesto di argomenti sulla salute (piuttosto divertente da parte loro), i produttori di tabacco si concentrano sulle cartucce / pod e cercano di influenzare le politiche per imporre questo formato “industriale” più complesso e costoso negli investimenti.
Le compagnie del tabacco hanno bisogno di norme molto severe e durevoli per poter ammortizzare la loro trasformazione nel tempo. Le innovazioni permanenti che caratterizzano il mercato dello svapo, facilitate da una regolamentazione ancora sufficientemente flessibile, non sono assolutamente un affare per l’industria del tabacco.
Quello che gli conviene è un formato standard che non può essere cambiato per decenni e che eliminerebbe di fatto tutte le piccole e medie imprese togliendo loro ogni spazio di manovra.
Facile quindi comprendere come l’industria del tabacco non si faccia scrupoli nel cercare di imporre uno “standard” anche se decisamente meno efficace rispetto ai sistemi aperti.
Nessuno scrupolo neanche per quanto riguarda l’ambiente, queste cartucce usa e getta / pod sono un vero disastro ecologico.
Temporeggiare è la parola d’ordine
Data la situazione attuale, per l’industria del tabacco il tempo è essenziale.
Sono presi come in una tenaglia tra il tempo necessario per trasformare il loro progetto industriale, e il mercato del vaping che continua a crescere a tutta velocità senza aspettare i loro comodi.
Quindi vanno avanti in tutte le direzioni per cercare di guadagnare tempo.
Si comincia cercando di prendere quote di mercato nell’ ambito dello svapo, creando nuovi prodotti o comprando aziende già presenti sul mercato.
Ma si passa anche attraverso lo sviluppo di prodotti “intermedi” come il tabacco riscaldato, senza capire veramente se è un obiettivo o solo un passo, perché anche se è meno tossico delle sigarette, non sarà mai meglio del vaping.
Naturalmente, immagino, tutti i regolamenti che, in un modo o nell’altro, rallentano la crescita del vaping, siano favorevoli all’industria del tabacco.
Gli estremisti antifumo che combattono contro lo svapo non riescono ancora a capirlo.
Diffondendo notizie false, imponendo restrizioni e tasse, fanno il gioco dell’industria del tabacco, offrono loro tempo.
E offrono loro il “clima ostile” che l’industria del tabacco sa perfettamente come gestire e che invoca addirittura per facilitare il proprio ingresso sul mercato sotto forma di monopolio.
Tra industria del tabacco e stato nessuno ci rimette.
Ci sono dibattiti su perdite o profitti, ma una cosa è certa, la vendita di sigarette è un’entrata fiscale significativa per gli stati.
In Italia, è di circa 10 miliardi di € all’anno, in aumento con i rincari previsti del prezzo delle sigarette nei prossimi anni.
Il sistema è ben oliato con i tabaccai, le tasse entrano nelle casse dello stato ancor prima di quando il fumatore acquista il suo pacchetto.
D’altra parte, i costi sanitari sono rimandati a 10, 20 o anche 30 anni dopo l’acquisto.
Questo è il famoso business prevedibile per l’industria farmaceutica che ho menzionato nell’introduzione. Ed è lo Stato (la previdenza sociale) che paga.
Con un’enorme campagna pubblicitaria, potremmo convertire milioni di fumatori al vaping in pochi mesi. Nessuno può affermare che questo sarebbe un male, anche gli “ultra” sostenitori del “nulla”.
Ma la conseguenza diretta e immediata sarebbe una riduzione abissale delle entrate fiscali sul tabacco. Entrate che mancherebbero al gettito fiscale per diversi decenni. Stiamo parlando di decine di miliardi di euro. Nelle tabelle Excel di un ministero del bilancio, questo è impossibile.
Come per l’industria del tabacco, gli Stati hanno bisogno di tempo.
È qui che l’incremento della tassazione con il presupposto ” tabacco e vaping sono uguali” potrebbe soddisfare tutti.
Rendere il prodotto più costoso rallenterebbe necessariamente la sua crescita il tempo di trasferire senza problemi le tasse sul tabacco allo svapo, per pagare le spese sanitarie dei fumatori, e creare gradualmente una nuova manna fiscale come per tante altre cose.
Il tempo necessario affinché l’industria del tabacco si prenda il mercato e diventi un unico interlocutore, così comodo per accordarsi sulle spalle dei consumatori, come avviene attualmente con il tabacco.
Un mondo senza fumo, l’industria del tabacco è sincera?
Sì, probabilmente, per necessità.
Non viene dal fondo dei loro cuori, ma piuttosto dal fondo dei loro portafogli.
Non hanno scelta, devono farlo, è pragmatico.
Devono trasformarsi per sopravvivere. Ma con un vincolo: il tempo.
Il passaggio dal tabacco allo svapo deve essere fatto al loro ritmo, quello del loro calendario industriale. Devono riuscire a ricreare un sistema identico a quello del tabacco, monopolistico, ostile e fonte di entrate fiscali per gli Stati.
Lo scenario è plausibile, ma ci sono ancora alcuni fattori che potrebbero offuscare questa tabella di marcia:
- L’industria indipendente del vaping si lascerà conquistare, ha i mezzi e l’organizzazione per resistere?
- I consumatori sono pronti a (ri)dare i loro soldi all’industria del tabacco?
- Sono pronti ad accettare di essere sovratassati senza alcuna ragione di salute (il vaping non causa certo malattie da tabacco)?
- L’industria farmaceutica è pronta a segnare una linea sul formidabile business del fumo?
Per ora, solo gli estremisti antifumo sono allineati con i progetti dell’industria del tabacco: coercizione, regolamentazione, tassazione.
Bisogna dire che sono le vendite di sigarette a finanziarle (attraverso complessi sistemi di distribuzione), il fondo per le dipendenze in Francia o i Tobocco Bonds negli Stati Uniti.
L’atteggiamento delle autorità pubbliche è più incerto e varia molto da paese a paese.
Industria del tabacco e organizzazioni contro il fumo: stessa lotta?
La strategia dell’industria del tabacco è molto chiara: rallentare la crescita del vaping.
Tutto ciò che va in questa direzione è nel loro interesse: regolamentazioni più severe che complicano la produzione, misure che riducono l’accesso al vaping (tasse) o riducono le sue prestazioni (restrizioni sugli aromi, un clima “ansiogeno” che giustifica tutto questo, pretesto dei giovani / effetto gateway, divieto di comunicazione, pubblicità …).
Esattamente quello che le organizzazioni anti-fumo / anti-vape sostengono.
Strano, vero?